(Agenzia VISTA) Roma, 28 gennaio 2016
- Il presidente della corte di Cassazione, Giovanni Canzio, in un passaggio della sua relazione all'inaugurazione dell'anno giudiziario"_da diretta
Ecco un passaggio dell'intervento:
“Trentasette anni fa, il 29 gennaio 1979, Emilio Alessandrini, sostituto procuratore e titolare delle indagini sulla strage di Piazza Fontana e sul terrorismo di destra e di sinistra, venne colpito a morte da un gruppo di fuoco di Prima Linea. Perché rinnovare oggi la memoria delle virtù e del sacrificio di Emilio Alessandrini e, insieme con lui, di Guido Galli, Mario Amato, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e degli altri, tanti, magistrati, vittime del terrorismo o della mafia? Erano uomini delle (e per le) Istituzioni, che declinavano il difficile e rischioso mestiere di magistrato con serietà, professionalità, efficienza, rispetto della legalità e della dignità della persona, e con una sincera passione democratica. Non eroi (come mai avrebbero voluto definirsi), ma un modello di riferimento, al quale ogni magistrato dovrebbe ispirarsi per il messaggio di speranza, fiducia, forza della ragione e della democrazia contro la violenza e le farneticazioni di coloro nei quali s’annida il “cuore di tenebra”, traendo dal loro fulgido esempio un monito per la legittimazione, la credibilità, l’autorevolezza della giurisdizione. Di qui una prima riflessione. Le storie umane e professionali di questi magistrati, l’impegno e l’efficienza organizzativa dell’apparato di giustizia, il costante arricchimento del patrimonio di conoscenze e di esperienze specialistiche non consentono di dubitare dell’efficace azione di contrasto della magistratura verso ogni forma di criminalità organizzata o terroristica, 4 anche di quella internazionale di matrice jihadista, nel rispetto, tuttavia, delle regole stabilite dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato. Diversamente, tradiremmo la memoria di quanti sono caduti in difesa dei più alti valori democratici e non faremmo onore al giuramento di fedeltà che abbiamo prestato. Per altro verso, il ricordo della loro statura morale e professionale c’interroga sulla moderna declinazione del principio costituzionale di esclusiva soggezione del giudice alla legge, cui è ancorato il fondamento dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura: “istituzione della ragione”, sottratta alla logica del consenso popolare perché prevalgano solo le esigenze di giustizia e di tutela dei diritti della persona. Il modello disegnato sia nella Raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa (2010) 12 “sui giudici: indipendenza, efficacia e responsabilità”, sia nella “Magna Charta” del Consiglio Consultivo dei Giudici Europei, approvate il 17 novembre 2010, collega saldamente la legittimazione del giudice alla costruzione di una figura professionale connotata da stringenti requisiti di capacità e deontologia, solo per ciò autorevole. Conoscenza e etica del limite, queste le caratteristiche del giudice europeo, nel raccordo tra potere, dovere e responsabilità, sì da scongiurare il rischio che la supplenza della magistratura, all’incrocio fra politica, economia e diritto, sposti il fondamento della legittimazione sul terreno delle pratiche del consenso popolare”.