(Agenzia VISTA) Bruxelles, 19 febbraio 2016
E’ un vero e proprio braccio di ferro quello tra Italia e Unione europea sulla cosiddetta flessibilità, ossia la possibilità per uno stato membro dell’Ue di potere usufruire di un margine di manovra nella propria legge finanziaria al di fuori dei vincoli del Patto di stabilità e di crescita. Il governo Renzi chiede che venga garantita all’Italia la flessibilità sia per le riforme attuate, sia per le spese sostenute per la crisi dei migranti.
Per l'Italia si tratterebbe di circa tre miliardi di euro, lo 0,2% del Pil. La valutazione, insistono i portavoce della Commissione e dei due commissari competenti sulla vigilanza dei conti pubblici (Dombrovskis e Moscovici), sarà fatta solo "in primavera" e sarà determinata "caso per caso ed ex post, sulla base delle spese fatte". C’è stata anche una lettera di Juncker. Nella lettera si ricorda che la decisione era stata presa dopo il "gentleman's agreement" al vertice di dicembre, specificando che la dichiarazione formale era stata fatta il 18 dicembre ed inserita nella nota 2 allegata ai cosiddetti "terms of reference" inviati alle cancellerie per dettagliare l'accordo politico raggiunto a 28 sul finanziamento da tre miliardi di euro per la Turchia a favore dei rifugiati: "La Commissione ha dichiarato che i contributi nazionali non saranno tenuti in conto nel calcolo del deficit ai fini del Patto di stabilità e crescita".